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REUMATOLOGIA, DA CREI UN MESSAGGIO DI PREOCCUPAZIONE: LA SPECIALITA’ RISCHIA DI NON ESSERE “PER TUTTI”

VACCINI, OBESITA', FIBROMIALGIA, INTELLIGENZA ARTIFICIALE E "BORSA DEL REUMATOLOGO":  TRA I TEMI AFFRONTATI DAGLI SPECIALISTI DEL COLLEGIO 

REUMATOLOGIA, DA CREI UN MESSAGGIO
DI PREOCCUPAZIONE: LA SPECIALITA’ RISCHIA
DI NON ESSERE “PER TUTTI”

VACCINI, OBESITA’, FIBROMIALGIA, INTELLIGENZA ARTIFICIALE E “BORSA DEL REUMATOLOGO”:
TRA I TEMI AFFRONTATI DAGLI SPECIALISTI DEL COLLEGIO 

9-11 OTTOBREBOLOGNA
https://collegioreumatologi.it/congresso-nazionale-2025

BOLOGNA 13 OTTOBRE – “Purtroppo troppo spesso il paziente reumatologico è costretto a migrare in diverse strutture prima di trovare lo specialista che lo prenda in carico. Questo perché spesso i reparti o le unità di reumatologia vengono assorbite nella medicina interna. E così lo specialista si trova fuori dal suo ambito di specializzazione, oppure indirizzato lavorativamente verso il pronto soccorso e l’emergenza urgenza. E’ una situazione che crea disagi e liste di attesa spesso insostenibili”: lo ha affermato Luis Severino Martin Martin, presidente del Collegio Reumatologi Italiani al termine del 28° Congresso nazionale CReI appena concluso a Bologna. E’ una sottolineatura piena di preoccupazione e responsabilità quella espressa da Martin Martin: “In Italia abbiamo oltre cinque milioni di persone con patologie reumatiche. Ecco, noi vorremmo che il reumatologo, per poterle prendere in carico, venga distribuito su tutto il territorio nazionale in maniera omogenea. L’obiettivo del CReI è che nessun paziente debba viaggiare più del dovuto per poter affrontare la sua patologia. Questo sarà il programma CReI per il prossimo triennio: garantire che i pazienti possano essere curati il più vicino al proprio domicilio e assicurare che tutti i reumatologi e soprattutto i nostri giovani specialisti possano affrontare le patologie per le quali hanno studiato e lavorato”.

PATOLOGIE, PATIENT JOURNEY E BORSA DEL REUMATOLOGO – E’ un grido d’allarme, quello lanciato da CReI, che da un lato richiama l’attenzione sulla presenza e rintracciabilità degli specialisti, mentre dall’altro propone un insieme sempre più vasto e multidisciplinare di approfondimenti. Durante le giornate congressuali di Bologna – che, come sottolineato da Daniela Marotto (past president CReI), “sono sempre più indirizzate a creare un sapere interprofessionale sulle malattie reumatologiche a favore del paziente che quotidianamente le deve affrontare e del SSN che deve gestirne la salute e la qualità di vita” – sessioni e speakers hanno toccato decine di argomenti sensibili, passando dalle terapie oggi disponibili per le persone con osteoporosi o fibromialgia (quest’ultima con la lezione magistrale del farmacologo Diego Fornasari), alle sessioni su artrosi, artrite reumatoide e spondiloartriti, dove si è analizzato l’attuale patient journey del paziente. Nella sessione curata da Patrizia Amato (comitato scientifico del Congresso) è stato proposto un nuovo approfondimento sul rapporto tra genere e malattia reumatica affrontando i temi dell’infertilità di coppia, mentre Tiziana Nava (Coordinamento CREI-fisioterapia) ha curato una sessione dedicata al contributo dell’intelligenza artificiale al mondo della riabilitazione (con i rappresentanti di varie professioni, tra  Leonardo Capaccioli, vicepresidente FNO TSRM). “Oggi la reumatologia è la disciplina complessa e trasversale per eccellenza”, ha sottolineato Raffaele Zicolella (Direttivo CReI), moderatore di una delle sessioni più seguite del Congresso, quella dedicata alla “borsa del reumatologo”, cioè quali sono i farmaci che devono obbligatoriamente avere spazio nella borsa dello specialista. “Noi trattiamo patologie ad alto rischio infiammatorio, per loro natura sistemiche e quindi che possono interessare vari organi e apparati, in particolare quello metabolico e cardiovascolare. Per cui lo specialista deve essere pronto all’utilizzo di farmaci che potrebbero sembrare non usuali”. E quindi cosa ci va nella “borsa del reumatologo”? Conclude Zicolella: “sicuramente gli antipertensivi e gli anticoagulanti, mentre sulle statine c’è un dibattito in corso sul quando utilizzarle. Abbiamo dialogato inoltre sui nuovi farmaci contro l’obesità, per i loro effetti sistemici non solo sulla riduzione del peso, ma anche sulla riduzione dell’infiammazione. Da ultimo c’è il tema della ferro supplementazione. L’insieme di queste osservazioni indica la varietà dei farmaci che il reumatologo oggi deve avere nella sua borsa per trattare a 360° gradi i pazienti che sono fragili e complessi”.

REUMATOLOGIA E VACCINI – Tra i temi interdisciplinari del Congresso Crei uno dei più innovativi è quello della relazione tra paziente reumatico e vaccini: come si può e deve comportare il reumatologo in questo ambito? Il Congresso del Collegio Reumatologi Italiani ha acceso i riflettori anche su questo argomento, confermando proprio in modo concreto e palpabile il suo approccio nuovo, multidisciplinare e multipatologico alle problematiche che vive quotidianamente il paziente reumatico. Un primo “dato chiave” condiviso nel corso del Congresso CREI contiene un messaggio critico: il paziente reumatologico è un soggetto a bassa copertura vaccinale – riferita soprattutto a pneumococco, meningococco, HPV, Herpes Zoster, epatite e influenza stagionale. Stiamo parlando di un paziente particolarmente fragile: come mai questa refrattarietà e come superarla? “Le nostre considerazioni sono di varia natura”, precisa Crescenzio Bentivenga (responsabile scientifico del Congresso di Bologna e componente del Direttivo CReI), “Da un lato c’è da prendere atto di una certa cultura di diffidenza sociale verso i vaccini, un atteggiamento che si è diffuso negli ultimi anni e di cui tener conto; dall’altro si può registrare una certa comprensibile – ma non corretta – riluttanza del paziente stesso, che si domanda (e domanda allo specialista) se il vaccino non rischi di risvegliare la malattia. Per finire c’è poi la considerazione che a volte il reumatologo non sempre riesce ad introdurre il tema vaccinale all’interno della visita ambulatoriale. L’insieme di questi elementi è da noi tenuto in evidenza per poter creare insieme a tutti i soci del Collegio un fronte compatto di affronto proattivo di questo tipo di problematica a tutto vantaggio del soggetto reumatologico che è una persona fragile per definizione e vive con un problema di autoimmunità”.

I pazienti reumatologici sono fragili, come sottolineato, ma queste persone affrontano periodicamente trattamenti immuno-regolatori che li sottopone ad un rischio di andare incontro a infezioni che potrebbero anche mettere in discussione la loro stessa vita. Come si deve dunque comportare il reumatologo nella corretta applicazione delle evidenze e dei golden standard? “Riconfermiamo un’informazione clinica essenziale: i malati reumatici devono essere vaccinati”, risponde Bentivenga, “Il tutto deve avvenire all’interno di un contesto diagnostico e terapeutico personalizzato, correttamente analizzato e monitorato, ma è assolutamente importante che effettivamente i pazienti reumatici affrontino le vaccinazioni per proteggersi dalle malattie. Questo vale per affrontare con più sicurezza vari rischi, e maggiormente per quanto riguarda il rischio cardiovascolare, che diviene particolarmente alto nel paziente reumatico. Come ormai riconosciuto, le infezioni stagionali aumentano il rischio cardiovascolare in termini di aumento di mortalità per cause cardiache, eventi cardiovascolari maggiori come IMA e ictus, scompenso cardiaco, e portano comunque ad un alto numero di ospedalizzazione. E’ quindi assolutamente intuibile che la prevenzione delle infezioni con i vaccini riduce il rischio cardiovascolare in generale e segnatamente nei soggetti reumatici, che per definizione sono fragili e particolarmente vulnerabili”. In questo senso, durante il Congresso sono state anche indicate alcune strategie vaccinali utili e “vincenti”: identificare il timing vaccinale ideale per cogliere il momento corretto all’interno delle agende terapeutiche dei soggetti reumatici, scegliere il vaccino più efficace, coinvolgendo in questo anche i caregiver (i familiari ma anche i medici curanti) nell’azione vaccinale per evitare assolutamente che il paziente entri in contatto con persone capaci di portare infezioni; e da ultimo capacità di identificare complessivamente i modelli organizzativi più adeguati ed efficienti per le azioni vaccinali, soprattutto in presenza di persone fragili, anziane o non autosufficienti.

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