
NAPOLI – Un panino come provocazione. Un pasto consumato non per fame, ma per sfida. È uno dei dettagli che emergono dall’inchiesta sull’omicidio di Emanuele Tufano, ucciso nel quartiere Mercato in una spedizione armata partita dal rione Sanità. Un’azione che, secondo gli investigatori, è tutt’altro che casuale.
«Un’ora prima dell’agguato, due dei leader del gruppo vanno a mangiare un panino proprio in una paninoteca del Mercato», ha rivelato Giovanni Leuci, capo della Squadra Mobile di Napoli. «Un dettaglio che non ci è sfuggito. Era una mossa deliberata, un messaggio lanciato in pieno stile criminale».
Il gesto – solo in apparenza innocuo – rappresenta per gli inquirenti l’ennesima conferma del carattere simbolico e strategico della faida: non solo violenza, ma comunicazione di potere, incursioni mirate in territori controllati da clan rivali. Il panino, in questo scenario, diventa un gesto di sfida, una dichiarazione di presenza nel cuore del territorio avversario, poche ore prima che si compia un’azione di fuoco.
Per la Mobile, è un ulteriore tassello che conferma come non si tratti di bande improvvisate ma di gruppi che agiscono con logiche precise, mafiose. Una dimostrazione di forza, una provocazione pubblica, un modo per “alzare la posta” nel linguaggio violento della criminalità organizzata giovanile.
Tufano, morto poche ore dopo, era in mezzo a quella guerra che sempre più spesso – come ha ricordato anche il procuratore Gratteri – viene combattuta da ragazzi giovanissimi, ma con dinamiche da clan adulti.