NAPOLI – “L’età degli indagati si abbassa sempre di più. Non solo in Italia, ma in modo particolare a Napoli”. A parlare è Nicola Gratteri, procuratore capo del capoluogo campano, durante una conferenza stampa convocata per illustrare i dettagli dell’inchiesta sugli omicidi di Emanuele Tufano ed Emanuele Durante, due giovani uccisi in contesti di faide criminali tra rione Sanità e quartiere Mercato.
Secondo Gratteri, il fenomeno delle cosiddette “paranze” – gruppi di giovanissimi armati – non può essere considerato in modo riduttivo: “Se continuiamo a chiamarle paranze, allora finiamo per negare l’esistenza di clan camorristici come i Mazzarella. In realtà ci troviamo davanti a gruppi strutturati, a dinamiche mafiose vere e proprie”.
Il procuratore ha descritto con parole nette la gravità del quadro: “Un esercito di 12 persone armate non entra nel territorio di un clan storico come i Mazzarella per caso. Se questi ragazzi agiscono in quel modo, vuol dire che qualcuno li ha autorizzati. Se non ci fosse stata un’intesa, il giorno dopo avremmo contato dieci morti”.
L’omicidio di Emanuele Tufano, ha spiegato Gratteri, è da considerarsi un “caso di fuoco amico”, un errore in un’azione di guerra tra bande criminali adolescenti, ma con metodi da clan. “La giovane età non deve trarre in inganno. Dietro ci sono regole, strategie, autorizzazioni. È criminalità organizzata, non devianza giovanile”.
Il messaggio del procuratore è chiaro: evitare narrazioni semplificate e affrontare la realtà con strumenti giuridici adeguati, come il reato di associazione mafiosa. “Non possiamo permetterci – ha concluso – di restare intrappolati nella retorica. Chi parte armato da un quartiere per entrare in un altro territorio lo fa con un preciso mandato criminale. È mafia, non folklore”.
